Il seguente testo non equivale in alcun modo a una consulenza legale. È stato redatto per fini di studio durante la partecipazione a un concorso pubblico ed è stato messo online per gli utenti che stanno facendo altrettanto, fermo restando che occorre sempre fare riferimento a manuali autorevoli.
I principi delle Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, legge 7 agosto 1990, n. 241, così come esposti nel Capo I (artt. da 1 a 3bis).
Principi generali dell'attività amministrativa
L'attività amministrativa è retta da criteri di economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza (art. 1, comma 1, l. 241/1990).
Il dl. 76/2020 (convertito con modificazioni dalla l. 120/2020) ha introdotto il comma 2bis all'art. 1, attraverso il quale si dispone che i rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione debbano essere improntati ai principi della collaborazione e della buona fede (art. 1, comma 2bis, l. 241/1990).
Conclusione e tempi del procedimento amministrativo
Quando il procedimento segue a una istanza presentata da un cittadino, oppure – più in generale – debba obbligatoriamente essere iniziato d'ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso (art. 2, comma 1, l. 241/1990). I termini per la conclusione del procedimento decorrono dal ricevimento della domanda di istanza, o dall'inizio del procedimento d'ufficio (art. 2, comma 6, l. 241/1990).
I procedimenti amministrativi devono quindi concludersi entro il termine di 30 giorni (art. 2, comma 2, l. 241/1990), fatto salve le ipotesi – individuate con appositi decreti del presidente del Consiglio dei ministri – in cui i tempi di conclusione del procedimento possono essere stabiliti di volta in volta, tuttavia non eccedendo il termine di 90 giorni (art. 2, comma 3, l. 241/1990). Sono previsti termini ulteriori, comunque non superiori ai 180 giorni, in relazione alla “sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell'organizzazione amministrativa”, alla “natura degli interessi pubblici tutelati” e alla “particolare complessità del procedimento” (art. 2, comma 4, l. 241/1990). Esistono tuttavia casi – non contemplati dalla l. 241/1990 – in cui i procedimenti superano di gran lunga tali termini; basti pensare alla richiesta di cittadinanza, i cui tempi variano dai 24 ai 36 mesi dalla presentazione della domanda.
I termini fin qui argomentati possono comunque essere sospesi, per una sola volta e per un periodo non superiore ai 30 giorni, per l'acquisizione di informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell'amministrazione stessa (art 2, comma 7, l. 241/1990).
Legge 241/1990, Capo I, in riassunto |
Il potere sostitutivo in caso di inerzia
L'organo di governo individua un soggetto nell'ambito delle figure apicali1 dell'amministrazione o una unità organizzativa cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia da parte dell'amministrazione. Qualora tale soggetto non sia stato individuato, il potere sostitutivo si considera attribuito al dirigente generale o, in mancanza, al dirigente preposto all'ufficio o, in mancanza, al funzionario di livello più elevato presente nell'amministrazione (art. 2, comma 9bis, l. 241/1990).
Decorso il termine per la conclusione del procedimento, il responsabile o l'unità organizzativa esercita il potere sostitutivo e, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, conclude il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario (art. 2, comma 9ter, l. 241/1990).
Il responsabile dotato di potere sostitutivo comunica all'organo di governo – entro il 30 gennaio di ogni anno – i procedimenti, suddivisi per tipologia e strutture amministrative competenti, nei quali non è stato rispettato il termine di conclusione previsto dalla legge o dai regolamenti (art. 2, comma 9quater, l. 241/1990).
Inosservanza del termine e risarcimento
Le pubbliche amministrazioni sono tenute al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. (art. 2bis, comma 1, l. 241/1990).
Si vuole ricordare che tale inosservanza si configura quale reato nel codice penale all'art. 328, dove assume la denominazione di “rifiuto di atti di ufficio” (cd. omissione), inerente alla inosservanza dei termini che non sia stata motivata entro 30 giorni dalla ricezione della richiesta scritta “di chi vi abbia interesse” (v. I reati contro la pubblica amministrazione nel codice penale).
L'atto motivato e l'uso di strumenti informatici
L'art 3 della l. 241/1990 disciplina la motivazione del provvedimento amministrativo, che deve essere sempre presente, seppure non venga richiesta per gli atti normativi o per quelli a contenuto generale (art. 3, comma 2, l. 241/1990). Qualora la motivazione sia contenuta all'interno di un altro atto richiamato dal provvedimento stesso, allora anche l'atto che viene richiamato deve essere reso pubblico (art. 3, comma 3, l. 241/1990). Inoltre, in ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati i termini e l'autorità cui è possibile ricorrere (art. 3, comma 4, l. 241/1990).
L'art. 3bis riguarda invece l'uso della telematica e degli strumenti informatici, i quali devono essere utilizzati dalle pubbliche amministrazioni al fine di raggiungere una maggiore efficienza.
1 Il d.lgs. 39/2013 definisce quali incarichi di livello apicale (altrimenti detti “incarichi amministrativi di vertice”), “quelli di Segretario generale, capo Dipartimento, Direttore generale o posizioni assimilate nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto privato in controllo pubblico, conferiti a soggetti interni o esterni all'amministrazione o all'ente che conferisce l'incarico, che non comportano l'esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione” (art. 1, comma 2, lett. i, d.lgs. 39/2013).
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