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Definizione di pubblico impiego
Con pubblico impiego si intende il rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione. Si tratta di un tipo di lavoro retribuito, volontario, continuativo (che sia a tempo pieno o parziale) e subordinato, nel senso che la prestazione lavorativa viene svolta alle dipendenze della pubblica amministrazione, qui nelle vesti di datrice di lavoro. Il pubblico impiego attribuisce al dipendente (persona fisica) uno specifico status – cioè l'insieme delle potenziali situazioni giuridiche nelle quali può concorrere un soggetto poiché collocato in un delineato raggruppamento sociale e che, in quanto tale, è definito da particolari diritti e doveri. In questo senso si può anche definire il lavoro pubblico quale rapporto di tipo bilaterale, o più correttamente sinallagmatico (reciprocità del rapporto), dacché diritti e doveri sono posti in capo non solo al dipendente, ma anche al datore di lavoro. Esempio di sinallagmaticità: il dipendente offre delle prestazioni, e ha diritto a una retribuzione. Viceversa, dacché la pubblica amministrazione garantisce una retribuzione, questa ha diritto alle prestazioni del dipendente.
Pubblico impiego, normativa e nozioni in riassunto |
Disciplina e normativa del pubblico impiego
La Costituzione
In linea generale, il pubblico impiego è disciplinato da alcuni principi costituzionali. Stabilito il principio del diritto al lavoro (art. 4 Cost.), i cittadini, sia di sesso femminile che maschile, hanno equo diritto ad accedere agli uffici pubblici (art. 51 Cost,), mediante concorso pubblico (art. 97 Cost.), in un rapporto di lavoro esclusivo con la nazione (art. 98 Cost.), fermo restando il loro dovere di adempiere alle proprie funzioni con disciplina e onore (art. 54 Cost.), e assumendosi la responsabilità diretta (penale, civile e amministrativa) degli atti compiuti in violazione di diritti (art. 28 Cost.).
Il d.lgs. 165/2001 (TUPI)
Fatte salve le previsioni costituzionali, la disciplina del pubblico impiego è rimessa alla legge, sia con norme speciali che norme generali. Una disciplina generale è oggi contenuta nel d.lgs. 165/2001 (Testo unico sul pubblico impiego – TUPI) che contiene, oltre alle norme generali in materia di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, “anche norme relative all'organizzazione e al funzionamento delle amministrazioni”1.
Il d.lgs. 165/2001 ha consolidato il processo di privatizzazione del pubblico impiego già avviato a partire anni '90 con il d.lgs. 29/1993 e proseguito con il d.lgs. 80/1998. Nel corso degli anni il d.lgs. 165/2001 è stato oggetto di notevoli modifiche – si pensi alla cd. riforma Brunetta con l. 15/2009, attuata dal d.lgs.150/2009 – volte a livellare le differenze tra il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici e quello dei privati.
Il d.lgs. 165/2001 si applica alle pubbliche amministrazioni intese, ex art. 1 comma 2, come “tutte le amministrazioni dello Stato”, e cioè, sempre art. 1 comma 2: “gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN)” nonché le agenzie di cui al d.lgs. 300/1999 e il CONI.
Tuttavia, ex art. 3 d.lgs. 165/2001, si escludono determinate categorie di pubblici dipendenti, per la disciplina dei quali si rimanda ai corrispettivi ordinamenti; si tratta cioè di quei pubblici dipendenti quali: magistrati ordinari, amministrativi e contabili; avvocati e procuratori di Stato; personale militare e della polizia di Stato; personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia; dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall'art. 1 d.lgs. del Capo provvisorio dello Stato 691/1947, e dalla l. 281/1985 e l. 287/1990.
Il Codice civile
L'art. 2 comma 2 del d.lgs. 165/2001 (TUPI) afferma che i “rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del Codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto, che costituiscono disposizioni a carattere imperativo”.
Il capo III (Del contratto collettivo di lavoro e delle norme equiparate), titolo I, del libro V, Codice civile, disciplina dagli artt. 2067 a 2081 i contratti collettivi di lavoro.
La contrattazione collettiva nazionale
Con la privatizzazione i contratti collettivi (CCNL) sono diventati immediatamente efficaci e vincolanti per le parti. Oltre al sopracitato capo III, titolo I, libro V, del Codice civile, alla disciplina dei contratti collettivi è anche dedicato il titolo III (Contrattazione collettiva e rappresentatività sindacale) del d.lgs. 165/2001 (TUPI).
La contrattazione collettiva disciplina il rapporto di lavoro e le relazioni sindacali (art. 40, comma 1, d.lgs. 165/2001, come novellato da d.lgs. 150/2009), nonché, "in coerenza con il settore privato, la struttura contrattuale, i rapporti tra i diversi livelli e la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi [questi ultimi sono accordi "ulteriori" intrapresi dalle parti, nda]. La durata viene stabilita in modo che vi sia coincidenza fra la vigenza della disciplina giuridica e di quella economica" (art. 40, comma 3, d.lgs. 165/2001).
Con riferimento all'impiego pubblico, l'efficacia del contratto collettivo è indirettamente assicurata mediante l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di riservare ai propri dipendenti – siano essi iscritti o meno a un sindacato – trattamenti non inferiori rispetto a quelli previsti dalla contrattazione collettiva (art. 45, comma 2, TUPI).
Il contratto collettivo è qualificabile come “fonte normativa non statale”2.
1 Bernardo Giorgio Mattarella, Lezioni di diritto amministrativo (Giappichelli 2018) 120.
2 Temistocles Martines, Diritto Pubblico (Luigi Ventura ed, nona, Giuffrè 2019) 316.
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