Nelle seguenti righe viene presentata l'ipotesi che vuole alcune auto parcheggiate lungo via Fani il 16 marzo 1978 essere di proprietà del Sisde, e fungere da elementi tattici per la riuscita dell'agguato ad Aldo Moro.
Nella seconda parte del pezzo, vengono invece palesate le controversie riguardanti suddetta ipotesi.
PARTE 1
La mattina del 16 marzo 1978, Antonio Spiriticchio esce di casa e si dirige verso il suo furgone Ford Transit. Non può guidarlo, perché qualcuno ha forato le ruote, tutte e quattro, con un punteruolo. Antonio Spiriticchio vive in via Brunetti 42, fa il fioraio, ed è un personaggio noto nel quartiere. Tutti sanno che ogni mattina per vendere i suoi fiori conduce il suo furgone in via Fani dove lo parcheggia in prossimità dell'incrocio con via Stresa. Sul lato destro per la precisione.
Quella mattina del 16 marzo, in via Fani, a nord di Roma, nel quartiere Camilluccia, il fioraio Spiriticchio non c'è. C'è invece un convoglio di due auto, che poco prima delle 9.02 esce da via Trionfale e imbocca via Fani, procedendo verso l'incrocio che viene a formarsi con via Stresa.
La seconda auto, l'ultima del convoglio, è un Alfetta 1.800 bianca con a bordo Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino. Sono tutti e tre molto giovani. Hanno infatti 23, 29 e 25 anni; e tutti e tre sono agenti di polizia. Nei borselli alle loro cinte, le pistole di ordinanza. L'unica arma pesante è chiusa nel bagagliaio, e si tratta di un vecchio mitra arrugginito.
Nell'altra auto, quella d'avanti, una Fiat 130 di colore blu notte, ci sono invece l'appuntato dei carabinieri Domenico Ricci, 43 anni, che guida; e il maresciallo Oreste Leonardi, che di anni ne ha 51 e che è seduto a lato passeggero. Chi è seduto dietro, sul sedile posteriore a sinistra, è invece il presidente della DC Aldo Moro.
Quella mattina Moro si stava recando alla Camera dei Deputati dove alle ore 10.00 era previsto il voto di fiducia a un governo che, per la prima volta dal 1947, vedeva il PCI lasciare l'opposizione e sedersi nella maggioranza parlamentare. Era stato proprio Aldo Moro il promotore dell'apertura ai comunisti, un avvicinamento non gradito a molti, e che lo stesso Berlinguer avrebbe fatto passare alla storia con il non troppo lusinghiero termine di “Compromesso storico”.
Mentre il convoglio percorre via Fani, viene preceduto da una Fiat 128 familiare bianca, che si è improvvisamente inserita in strada. Le auto adesso sono 3: l'Alfetta con la scorta, la 130 con Moro, e la misteriosa 128. Arrivano all'incrocio con via Stresa. La Fiat 128, quella che è sbucata fuori dal nulla, si ferma e non dà segno di voler ripartire. Le versioni sui fatti immediatamente successivi sono 2:
1) Avviene un tamponamento a catena, con l'Alfetta (scorta) che urta la Fiat 130 (Moro) che a sua volta urta contro la Fiat 128.
2) Nessun tamponamento, tant'è che il guidatore della Fiat 130 (l'appuntato Ricci) fa cenno alla Fiat 128 di spostarsi.
È in questo momento che si svolge l'agguato. La Fiat 130 con Moro è incastrata tra l'auto con gli uomini della sua scorta e la misteriosa Fiat 128. Alla guida della 130, Ricci cerca di districarsi: indietro, avanti, indietro; ma l'operazione è impedita da una Austin Mini Clubman Estate, parcheggiata sulla destra, alla inusuale distanza di 80cm dal marciapiede. Lì sulla destra, nell'esatto punto in cui il fioraio Spiriticchio era solito parcheggiarsi per vendere fiori.
Autopsia del presidente della DC
Prenotarsi il parcheggio
I brigatisti che parteciparono all'agguato dissero di aver bucato le ruote del fioraio Spiriticchio per evitare che l'uomo venisse ferito nella sparatoria. Oltre a motivi altruistici, non ci sarebbe quindi altro. Se così era davvero, c'era però da aspettarsi che la mattina dell'agguato, l'angolo tra via Fani e via Stresa fosse vuoto. Ci si ritrova invece con una Austin Mini. Un'auto strana, parcheggiata in un posto altrettanto strano, e che aiutò non di poco i brigatisti.
Nel blitz orchestrato, la Austin Mini funse sia da ostacolo alla fuga delle vittime, sia da protezione per gli assalitori. Coincidenze strane che spingono a sospettare che l'auto del fioraio Spiriticchio non doveva trovarsi lì, non per la salvaguardia dell'incolumità dell'uomo, ma perché lì si doveva trovare un'altra auto, un'auto che avrebbe favorito la riuscita dell'agguato: l'Austin Mini.
Austin Mini Clubman Estate
L'auto in questione è una Austin Morris tipo Mini Clubman E 1100, targata Roma T50354. Non è un'auto come tante. A cominciare dal fatto che il proprietario non è un individuo ma una società. Seppure l'auto veniva quasi esclusivamente usata da Patrizio Bonanni, che in quel periodo alloggiava in via Fani alla palazzina sita al civico 109, la Austin Mini era intestata alla Società Immobiliare Poggio delle Rose, cui Bonanni era uno dei fondatori.
Immatricolata dal concessionario della British Leyland il 14 gennaio 1978, solo due mesi prima dall'agguato a Moro, il 2 febbraio veniva venduta dal concessionario alla Poggio delle Rose, che ne rimane proprietaria fino al 1981. Si tratta di una società costituita “con atto del notaio Vittorino Squillaci, già funzionario del Ministero dell'interno, poi notaio di fiducia dei servizi segreti” (Gero Grassi, durante la seduta dell'8 luglio 2015 della Commissione d'inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro).
La Immobiliare Poggio è una delle tante società che fanno capo alla Fidrev Srl, che a sua volta fa capo alla Immobiliare Gradoli. Queste ultime due sono pressoché un'unica società: dal finire del 1973 il consiglio di amministrazione della Fidrev era composto dalle stesse cariche che figurano nel consiglio di amministrazione dell'Immobiliare Gradoli spa, società che aveva interessi negli immobili di via Gradoli 96 e 75 (Giovanni Alemanno, Interrogazione a risposta scritta 4/18826). Si ricorderà che in via Gradoli, proprio al civico 96, venne scoperto un covo delle BR, mentre il box-auto del civico 75 veniva usato dai brigatisti.
Gli interscambi di personaggi tra la Fidrev e la Gradoli venivano pure indicati in una relazione del capo della polizia Fernando Masone, rivelata dal libro Il Covo di Stato di Sergio Flamigni:
“[la Fidrev srl] era a sua volta controllata dall’immobiliare Gradoli, nella quale sindaco supplente, dal giugno 1977, era tale Gianfranco Bonori, nato a Roma il 26-7-52. Il Bonori, dal 1988 al 1994, ha assunto l’incarico di commercialista di fiducia del Sisde, subentrando alla Fidrev. […]”.
Inoltre sia la Fidrev che la Gradoli spa ebbero sede a piazza della Libertà 10. Anche la Immobiliare Poggio delle Rose ebbe sede al numero 10 di piazza della Libertà. Il fatto che la Poggio delle Rose ebbe, per un certo periodo, la medesima sede della Fidrev, sarebbe sospetto e in tanti hanno dedotto da questo la connessione Poggio delle Rose-Sisde.
La Mini Cooper verde
Subito dopo il rapimento di Moro, qualcuno notò un contenitore sistemato all'interno di una delle auto parcheggiate in via Fani. Si trattava, si sarebbe scoperto, di una bomba dal potenziale “devastante”. Vennero chiamati due artificieri che disinnescarono l'ordigno e lo portarono via. A confermarlo, quel 16 marzo 1978, fu anche il procuratore della Repubblica Giovanni De Matteo, che disse di aver visto gli artificieri all'opera. L'ordigno “è opera di persone espertissime”, “difficilmente italiane”. La fonte principale di queste notizie è un articolo de L'Europeo del 23 marzo 1978, intitolato “C'era una bomba per trecento persone”. Accenni alle dichiarazioni di De Matteo vengono fatte, nell'immediatezza dei fatti, anche da un lancio AGI, che le colloca nell'ora 12.09.
Stando a quanto riporta L'Europeo, la presenza di un ordigno esplosivo venne smentita poche ore dopo da comunicati ufficiali emanati da carabinieri e polizia.
L'auto protagonista della vicenda era una Mini Cooper verde con tettuccio nero, targata Roma T32330, intestata a Tullio Moscardi, che il 16 marzo 1978 era parcheggiata in via Mario Fani, non distante dal punto in cui venne rapito Moro.
Benché il recapito e la residenza di Tullio Moscardi risultassero in via del Corso 504, l'uomo viveva assieme alla moglie al 109 di via Fani, scala B, interno 18. Appartamento prestato da una coppia di amici, in cui Moscardi e la moglie hanno vissuto dal finire del '77 all'inizio degli anni '80 (Doc. N. 154/1, Ministero dell'Interno).
In quel periodo Tullio Moscardi era "agente di commercio per la vendita di prefabbricati in acciaio", con partecipazione in alcune società del settore e di quello immobiliare (Commissione Moro, Proposta di relazione sull'attività svolta, 10 dicembre 2015, pag. 119). Nei fatti di via Fani si parla spesso di Tullio Moscardi perché questo era stato ex ufficiale dei nuotatori paracadutisti della X Mas, mentre a Firenze era stato reclutatore di sabotatori per il gruppo Vega, un'unità speciale di Stay-Behind (audizione di Ilaria Moroni, direttrice del Centro di Documentazione Archivio Flamigni, 2 dicembre 2014).
Il 23 novembre 1979 Moscardi venne interrogato assieme a sua moglie, Maria Iannaccone. Entrambi affermarono che la mattina del 16 marzo 1978, durante l'agguato, videro un uomo alto di statura e di corporatura atletica, vestito interamente con una calzamaglia che lo copriva anche alla testa (nella testimonianza Iannaccone) o con il solo volto coperto da una “specie di calzamaglia” (nella testimonianza Moscardi). Agli occhi portava qualcosa che assomigliava ad un paio di occhiali o ad una maschera o, ancora, a una mascherina “tipo carnevale”. Con pistola mitragliatrice, era volto in direzione di via Trionfale dando la sensazione “che stesse lì per bloccare il traffico”. In un secondo momento giunse un'auto da via Trionfale che si accostò all'uomo. Si trattava di una Fiat 500 di colore “carta da zucchero” alla cui guida si trovava “un vecchietto visibilmente emozionato”. Cessata la sparatoria l'uomo armato corse verso via Stresa mentre la Fiat 500 si avviò facendo marcia indietro.
Maria Iannaccone viene escussa nuovamente in data 5 marzo 2015, in cui affronta, tra l'altro, il tema dell'intervento degli artificieri sulla Mini Cooper. Nei ricordi di Iannaccone, questi sarebbero stati insospettiti dalla presenza di un cuscino presente all'interno della vettura. Durante l'esame le vengono esibite alcune foto risalenti alla mattina dell'agguato a Moro. In una di queste viene mostrata via Fani vista dall'alto, in cui è presente la Mini Cooper e dove si riesce a intravedere oltre il lunotto un oggetto bianco, presumibilmente rettangolare. Iannaccone afferma che quello potrebbe essere il cuscino collocandolo, pertanto, al centro della cappelliera.
Altri personaggi, come ad esempio Gero Grassi nell'articolo La mattina del 16 marzo 1978, in via Fani a Roma presente sul suo sito, identificano quell'oggetto bianco in un foglio, che nel linguaggio dei Servizi significherebbe: Servizi in azione.
C'è da aggiungere che molto probabilmente l'oggetto bianco visibile in foto non sia il famigerato cuscino, come ipotizzato da Iannaccone. Questo lo si può dedurre dalla testimonianza dell'ufficiale dell'esercito con compiti operativi di artificiere sabotatore, che era intervenuto sull'auto il 16 marzo 1978. Infatti, l'uomo:
[...] ha rammentato che l'intervento relativo alla Mini Cooper di colore verde di proprietà e [in realtà "di", nda] MOSCARDI, era stato fatto in quanto all'interno era stato notato un eskimo e sul pianale (inferiore) posteriore dell'auto sembrava esserci una targa. In realtà, come aveva riferito il proprietario nel frattempo giunto sul posto, si trattava di un cuscino cucito dalla moglie che riproduceva la targa della loro prima auto.
N.B.
Si vuole precisare che la testimonianza verbalizzata il 5 marzo 2015 di Maria Iannaccone, differisce dalla relazione sulla stessa redatta dalla dottoressa Tintisona in data 9 marzo 2015. In quest'ultima infatti, le testimonianze rilasciate dall'artificiere, vengono fatte risalire alla signora Iannaccone. Si tratta di un errore che verrà corretto dalla dottoressa Tintisona durante l'audizione del 10 giugno 2015.
PARTE 2
CONTROVERSIE SUL LEGAME AUSTIN MINI-SERVIZI SEGRETI
I rapporti tra le diverse società
Sbrogliare i nodi attorno le gerarchie societarie sembra essere diventato un compito troppo arduo. La Gradoli spa viene talvolta indicata come controllata dalla Fidrev, altre volte è invece quest'ultima a controllare la Gradoli spa.
L'unico dato più specifico, riguardante le relazioni Fidrev-Gradoli spa, vede la Fidrev essere intestataria del 95% delle quote sociali della Immobiliare Gradoli spa.
La Kiria
Sappiamo che Bonanni all'epoca dei fatti risiedeva in via Stefano Jacini 41, mentre in via Fani 109 aveva disponibilità di un appartamento sito al primo piano della palazzina, di proprietà dell'Enpaf (Ente Nazionale di Previdenza e di Assistenza Farmacisti).
La palazzina al 109 era stata costruita da una società cui faceva parte anche il padre di Patrizio Bonanni, Lanfranco. Tale società prendeva il nome di Società Costruzioni Edilizie Kiria, e in data 4 aprile 1967 vendette all'Enpaf la palazzina, su offerta presentata da Lanfranco Bonanni.
La Società Kiria venne costituita il 29 novembre 1965 e cancellata il 29 luglio 1969.
La Poggio delle Rose
Ad aver fondato la Poggio delle Rose, sono Patrizio Bonanni, Giampaolo Erbacci e Mario Scorcelli. Bonanni ed Erbacci furono soci anche nella Immobiliare Scossicci srl. La Poggio delle Rose viene definitivamente liquidata nel 1993.
Le società di copertura del Sisde
A favore della ipotesi che vorrebbe la Austin Mini di proprietà del Sisde, viene detto che la Immobiliare Poggio delle Rose (a cui era intestata l'auto) era sotto il controllo dei servizi segreti. Tuttavia questa appare come una conclusione affrettata, poiché dalle informazioni esistenti si può presupporre molto poco a riguardo. Quello che si sa per certo è che la Poggio delle Rose ebbe sede in piazza della Libertà 10, nel medesimo luogo in cui ebbe sede la Fidrev, che ne curò gli interessi, e che la Fidrev fu società di consulenza dei Servizi per la Gus e la Gattel fino al 1988.
Le uniche società che il SISDE può legittimamente affermare di avere avuto sono [...[ la GUS e la GATTEL, debitamente autorizzate dai Ministri dell'epoca ed effettivamente società di copertura. Le società proprietarie degli immobili posti in via Gradoli, compresa l'Immobiliare Gradoli, non sono mai appartenute al SISDE, neanche come società di copertura.
Audizione Vittorio Stelo, 25 novembre 1998
L'unico grande dubbio potrebbe nascere sul significato di quel “legittimamente”. Per capire se sia più di una coincidenza il fatto che parcheggiata in prossimità del luogo dove avvenne l'agguato a Moro c'era una Austin Mini di proprietà di una società che ebbe un qualche tipo di rapporto – seppure molto indiretto – con i servizi segreti, bisognerebbe vedere quante società nel 1978, a Roma, avevano avuto un qualche tipo di rapporto di medesimo grado con gli stessi. Il dato statistico che se ne ricaverebbe, aiuterebbe a pesare l'eccezionalità del caso.
Va inoltre precisato che il motivo per cui la Poggio delle Rose ebbe, per un certo tempo, la medesima sede della Fidrev, lo spiega lo stesso Bonanni:
[...] la sede della società seguiva la sede del professionista che si occupava della società.
Audizione del 10 giugno 2015 di Laura Tintisona, pag. 4
In definitiva, non esiste alcun tipo di prova che colleghi la Poggio delle Rose ai servizi segreti.
Il ruolo della Austin Mini
A favore della tesi che vede l'Austin Mini fungere da oggetto tattico nell'agguato, viene detto che serviva sia da ostacolo per una eventuale fuga della Fiat 130 con Moro, sia come protezione dei brigatisti che attaccavano la Fiat 130 da destra.
In I nemici della Repubblica, Vladimiro Satta sostiene che dalle foto dall'alto “si può persino valutare che la distanza tra l'estremità posteriore destra della 128 brigatista e la Mini Clubman fosse sufficientemente larga per consentire il passaggio di una Fiat 130”, e che pertanto non si possa affermare con certezza che la presenza dell'auto sia stata decisiva per la riuscita dell'agguato.
Per affrontare il tema dell'Austin Mini che funge da protezione per i brigatisti che attaccavano da destra, si dovrebbe parlare delle modalità di agguato, oggi ancora non chiarite dagli organi competenti, e che qui ci porterebbe fuori tema. Si rimanda pertanto a futuro articolo.
La posizione della Austin Mini
Non è certo che la posizione della Austin Mini intralciasse le manovre di fuga della Fiat 130 con a bordo Aldo Moro, pertanto non è certo che fosse stata collocata volontariamente in prossimità dell'incrocio con via Stresa al fine di farle rivestire il ruolo suddetto.
Patrizio Bonanni dichiarò che l'auto, pur potendo essere intestata alla società Poggio delle Rose, era nella disponibilità esclusiva sua e, talvolta, di sua moglie. Veniva inoltre detto che aveva parcheggiato lui stesso l'Austin Mini nella tarda serata del giorno precedente il rapimento di Moro, e che aveva disponibilità di un appartamento al civico 109 di via Fani, esattamente dove si trovava la mattina del 16 marzo 1978 assieme a sua moglie, e dove entrambi dormirono fino alle 9.02, quando “furono svegliati dagli spari” (XVII Leg., Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, resoconto stenografico, seduta n.18, 18 febbraio 2015).
Avendola parcheggiata lui stesso e per sua stessa ammissione, non si può sostenere la teoria della complicità della Austin Mini senza caricare di una qualche complicità anche Patrizio Bonanni, cosa che, al contrario, si tenta di fare nel libro Complici dei giornalisti Limiti e Provvisionato, a pag. 17:
Ovviamente questi dettagli che emergono dalle ricerche non intendono accusare chicchessia. Neppure Patrizio Bonanni che, come abbiamo visto, non è il proprietario dell'auto, ma solo il responsabile della società che faceva capo ai servizi segreti civili cui l'auto era intestata.
A favore della Austin Mini parcheggiata a mo' di ostacolo, c'è il fatto che il civico 109 si trovi sulla sinistra di via Fani, mentre l'Austin Mini era stata parcheggiata a destra, e “un po' più in basso” (Complici, pag.17). La non corrispondenza tra il punto in cui era stata parcheggiata l'Austin Mini e il civico 109 dove risiedeva chi l'aveva parcheggiata, vale a dire Bonanni, sarebbe pertanto sospetta. Se però teniamo conto che il senso di marcia della Austin Mini è sulla destra, è più probabile che Bonanni avesse deciso di parcheggiarla secondo il proprio senso di marcia, cioè sulla destra, che non invece tagliare la strada per parcheggiarla sulla sinistra. Il fatto che l'Austin Mini si trovi “un po' più in basso” rispetto al civico 109 è poi del tutto irrilevante. Sarebbe un dato rilevante solo qualora tutti gli automobilisti al mondo parcheggiassero sempre e perfettamente all'altezza di casa loro. Cosa che chi scrive, per esempio, non fa quasi mai. C'è poi da tener conto che Bonanni disse di averla parcheggiata il 15 marzo in tarda serata. Non è da escludere che, di fronte alla palazzina sita al civico 109, “in tarda serata” i posti fossero già stati presi dalle auto di altri condomini.
Riguardo alla frequente presenza del furgone di Spiriticchio, Bonanni disse di non ricordarsene per niente. Questo è dovuto al fatto che Bonanni alloggiava saltuariamente al civico 109 e, molto più banalmente, poteva non essere un attento osservatore. È obbligatorio precisare che lo stesso Antonio Spiriticchio, il fioraio sempre presente in via Fani, escusso dai funzionari della Digos, disse:
Nei giorni scorsi non ho notato persone o automezzi che sostavano o passavano con atteggiamento sospetto. Preciso che quel punto di strada è molto trafficato.
Rapporto n. 050714/DIGOS, 17 marzo 1978; Questura di Roma.
Le ruote bucate del fioraio
Il motivo per cui vennero bucate le ruote del furgone del fioraio Antonio Spiriticchio è, nella testimonianza del brigatista Valerio Morucci, ricollegabile a motivi altruistici, compassionevoli: si voleva evitare un inutile spargimento di sangue; e altresì ricollegabile a motivi strategici: non si voleva avere tra i piedi un testimone scomodo.
Si è tuttavia voluto vedere un terzo intento delle BR, ovvero quello di liberare il posto – tradizionalmente occupato dal furgone del fioraio – alla Austin Mini che avrebbe funto da oggetto strategico nell'agguato a Moro.
C'è da precisare che dalla testimonianza del figlio del fioraio, Giuliano Spiriticchio, sappiamo che il furgone poteva – a inizio mattinata – essere posizionato in luoghi immediati all'incrocio con via Stresa e non al “solito posto” perché questo era occupato da altre auto. Solo successivamente, quando i parcheggi venivano liberati, il furgone veniva spostato in prossimità dell'angolo con via Stresa (audizione del 10 giugno 2015 di Laura Tintisona, 1a dirigente della Polizia di Stato, Pag. 5). Quindi che in prossimità dell'incrocio con via Stresa si trovasse, al posto del furgone del fioraio, un'altra auto, l'Austin Mini, non appare un fatto così eccezionale.
Meno eccezionale e più credibile sembra la strategia adottata dalle BR, che le ha portate a disfarsi di una presenza certa, cioè un potenziale testimone sia della fase di preparazione dell'agguato (essendo presente Spiriticchio in via Fani fin dalla mattina presto) sia all'agguato in sé, oltretutto da un punto estremamente favorevole: l'incrocio con via Stresa.
CONTROVERSIE SUL LEGAME MINI COOPER-SERVIZI SEGRETI
Nelle sedute delle commissioni Moro, la Mini Cooper e il suo proprietario, Tullio Moscardi, occupano poche righe; nei libri inchiesta, ne occupano altrettante.
Il passato di Tullio Moscardi è molto suggestivo; tuttavia non basta, da solo, per rendere automatica la relazione dell'uomo con i Servizi segreti nel 1978. Ciò che colpisce a proposito del tema Moscardi è che a riguardo non si dica – mai – sostanzialmente nulla. Questo, ovviamente, è dovuto al fatto che in mano non si ha nulla di rilevante. Non si ha, per esempio, una mappa di relazioni avute tra Moscardi e sedicenti individui che operarono nell'ombra dell'agguato. Non si hanno tabulati telefonici in cui Moscardi parla di cose sinistre. A eccezione dei suoi trascorsi, non si dice altro, perché a eccezione dei suoi trascorsi, non si ha altro.
La bomba
La vicenda della presenza di un ordigno esplosivo all'interno del veicolo, è oggi considerata acqua passata, tant'è che nelle sedute delle commissioni Moro si sono sempre fatti solo rapidi accenni. Dai media, invece, la vicenda sembra essere stata completamente dimenticata e oggi difficilmente si riescono a reperire informazioni in merito. Tuttavia sarebbe bene spendere due parole a riguardo.
Immaginiamo per un momento che Tullio Moscardi avesse a che fare con l'agguato ad Aldo Moro e che in via Fani non si muovesse foglia che non volessero i Servizi. Essendo questi ultimi in grado di controllare ogni cosa, si presume che avessero inviato loro gli artificieri a disinnescare la fantomatica bomba presente nella Mini Cooper di Moscardi.
Da L'Europeo n.13, 1978 - Nel cerchio bianco, due artificieri intenti a operare sulla Mini Cooper di Tullio Moscardi |
La bomba però non c'è e quello che rimane alla storia sono dichiarazioni ufficiali che, prima, parlano della presenza dell'ordigno (che sarebbe stato disinnescato e portato via), poi sminuiscono, infine negano categoricamente la sua esistenza. Una bufala quindi, una falsa pista: la bomba non c'è; la Mini Cooper ce la possiamo dimenticare. Ma perché, i Servizi che tutto vedono e tutto fanno, avrebbero agito in una maniera così insensata?
In La Repubblica delle stragi a cura di Salvatore Borsellino, nel capitolo “La strage della stazione di Bologna”, riguardo le tecniche di depistaggio delle indagini si legge:
Le linee da cui muovevano i depistatori erano sostanzialmente due: l'aggregazione eversiva di terroristi di destra con estremisti di sinistra e la pista internazionale (spesso i due filoni si intersecavano contribuendo così a confondere le acque). Venivano inoltre costruite prove false a carico di persone effettivamente coinvolte. Succedeva, così, che, smascherata la pista falsa sapientemente inoculata nel tessuto investigativo, venivano screditati gli elementi genuini che, per altro verso, attingevano gli stessi personaggi facendoli apparire vittime di operazioni calunniose.
Se questa tecnica di depistaggio era così radicata nella intelligence italiana, sarebbe allora interessante sapere da chi partì l'ordine per dispiegare gli artificieri in via Fani quel 16 marzo 1978.
CONCLUSIONI
Se le Mini fossero in qualche maniera legate ai Servizi è, con le informazioni di cui siamo in possesso, impossibile dirlo. Al contrario, quelle di cui siamo in possesso, fanno vertere sulla inconsistenza della suddetta ipotesi, spingendo a far pensare che la loro presenza e il loro posizionamento all'interno di via Fani fossero del tutto casuali.
Le perplessità si rafforzano riguardo la Mini Cooper verde di Tullio Moscardi, che chi scrive l'ha inizialmente ritenuta la più interessante tra le due prese in analisi. L'auto, con le informazioni raccolte dagli organi preposti, sarebbe passata completamente inosservata non fosse stato per il trascorso del suo proprietario.
Ci sono però alcune analogie tra i proprietari delle due auto prese in analisi, che meriterebbero qualche riflessione. Sia Patrizio Bonanni che Tullio Moscardi, per esempio, possedevano società, ed entrambi avevano a che fare con il mondo immobiliare.
Inoltre, la mattina del 16 marzo 1978, entrambi si trovavano in un appartamento che non corrispondeva al loro domicilio. La presenza di Bonanni al civico 109 di via Fani era "saltuaria", mentre quella di Moscardi provvisoria.
Bonanni ebbe la disponibilità dell'appartamento o da contratto sottoscritto con l'Enpaf, o perché gli era stato dato in prestito da una coppia di amici (Bonanni dichiarò di non ricordare con esattezza). Moscardi lo ebbe in prestito da una coppia di amici.
Fonti citate:
Il covo di Stato; Sergio Flamigni.
Complici; Stefania Limiti, Sandro Provvisionato.
I nemici della Repubblica; Vladimiro Satta.
Audizione del 10 giugno 2015 di Laura Tintisona.
Verbale, Doc. N. 54/7, datato 9 marzo 2015; Laura Tintisona.
Audizione del 2 dicembre 2014 di Ilaria Moroni.
Audizione del 25 novembre 1998 di Vittorio Stelo.
Rapporto n. 050714/DIGOS, 17 marzo 1978; Questura di Roma.
Esame di Tullio Moscardi del 23 novembre 1979.
Esame di Maria Iannaccone del 23 novembre 1979.
Esame di Maria Iannaccone del 5 marzo 2015.
Proposta di relazione sull'attività svolta; Commissione Moro, 10 dicembre 2015.
La Repubblica delle Stragi, a cura di Salvatore Borsellino.
C'era una bomba per trecento persone, L'Europeo, 23 marzo 1978; Roberto Chiodi, Salvatore Giannella.
La mattina del 16 marzo 1978, in via Fani a Roma; Gero Grassi, reperibile al link: http://www.gerograssi.it/cms2/index.php?option=com_content&task=view&id=5875&Itemid=84
Lancio AGI sulla dichiarazione delle ore 12.09 del procuratore capo della Repubblica, Giovanni De Matteo, reperibile al link: https://www.agi.it/cronaca/moro_rapito_16_marzo_1978_documento_lanci_agi-3623648/news/2018-03-15/
Immagini - leTrattative
Foto - L'Europeo n.13, 1978
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