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Muqtada al-Sadr e i conflitti tra gli sciiti iracheni

di | leTrattative - Blog
Gli scontri tra sciiti in Iraq e il ruolo del leader religioso Muqtada al-Sadr. E quindi Teheran e Washington, che non mancano mai
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Pubblicato: 04/09/22

Mentre le parti politiche dell'Iraq rimangono in una fase di stallo, incapaci di nominare un nuovo primo ministro e capo di stato, ad agosto 2022 il paese ha affrontato ondate di violenze, con scontri tra gruppi sciiti a Baghdad e nel sud del paese. Manifestanti armati hanno fatto irruzione nella Green Zone, area nella città di Baghdad che ospita ambasciate straniere ed edifici amministrativi, portando il paese sull'orlo di una nuova guerra civile.

   Gli ultimi disordini registratisi in Iraq trovano radici nell'ottobre 2021, quando alle elezioni per il parlamento iracheno il partito dell'influente religioso sciita Muqtada al-Sadr (da qui in poi solo Sadr) si è aggiudicato 73 seggi su 329. A seguito di quella vittoria elettorale Sadr – nazionalista avverso alle ingerenze sia statunitensi che iraniane – diede vita alla coalizione Sairoon, una coalizione tra il suo partito e i partiti sunniti arabi e curdi. Con il controllo della maggioranza dei seggi, Sadr e i suoi tentarono di formare un nuovo governo.

   Ma alla coalizione guidata da Sadr si contrappose quella dei partiti sciiti che trovano l'appoggio dell'Iran, e tra i cui membri sono presenti personaggi del calibro dell'ex primo ministro Nouri al-Maliki e di Qais al-Khazali, leader del potente Asa Milizia 'ib Ahl al-Haq (AAH), partito politico come pure gruppo paramilitare sciita. Con un gesto che David Schenker (membro delle amministrazioni G. W. Bush e Trump) ha definito “un colpo di stato giudiziario”1, a inizio 2022 la Corte suprema irachena sostenne che la formazione del governo richieda il sostegno dei due terzi del parlamento, una quota che Sadr e i suoi alleati non sono riusciti a raggiungere2.

   Dopo mesi di tentate trattative e fasi di stallo, il 12 giugno 2022 Sadr ha ordinato ai suoi settantatré membri del parlamento di dimettersi per protesta. Non era la prima volta. Già nell'ottobre 2019, cavalcando l'ondata di proteste che si registrarono in tutto il paese, il leader sciita aveva chiesto ai suoi di boicottare i lavori parlamentari, esigendo le dimissioni del governo ed elezioni anticipate. Tuttavia, soltanto una manciata di mesi dopo (gennaio 2020), Sadr faceva rientrare i suoi parlamentari, voltando le spalle alle proteste antigovernative glorificate fino a quel momento.

   Con il ritiro dei parlamentari nell'estate 2022, probabilmente Sadr si aspettava di bloccare le attività del governo, obbligando quindi i partiti sciiti rivali a sedere al tavolo delle trattative. Contro le aspettative del religioso sciita, i partiti sostenuti dall'Iran hanno riempito i seggi con i propri rappresentanti, procedendo con la nomina di un primo ministro appartenente al loro blocco.

   Ad agosto 2022 Sadr ha annunciato che avrebbe lasciato la politica e ha istigato i suoi sostenitori ad assaltare la Green Zone. Decine di migliaia di suoi seguaci sono scesi in piazza a Baghdad e nelle località dell'Iraq meridionale, nelle aree a maggioranza sciita dove Sadr vanta, appunto, un grande numero di seguaci. Nella città di Bassora uomini armati hanno preso d'assalto alcuni edifici governativi dove sono di stanza forze di sicurezza e gruppi paramilitari con legami con l'Iran.


Iraq - Sunniti, sciiti e curdi


   A pochi giorni dall'inizio dalle violenze Sadr ha chiesto ai suoi sostenitori di abbandonare la Green Zone, mettendo fine agli scontri. L'ordine è stato prontamente eseguito. L'obiettivo di Sadr non era quello di rovesciare il governo, ma di rinvigorire la legittimità della sua figura politica e quindi il suo potere contrattuale in parlamento. Se negli ultimi anni il suo carisma populista e la sua base elettorale avevano subito un ridimensionamento3, la dimostrazione di possedere ancora presa su una parte della società irachena pronta a scendere in strada a un suo ordine, ha dato nuova luce al religioso sciita.

   Le due fazioni sciite presenti in parlamento – una pubblicamente avversa alle ingerenze straniere, l'altra pubblicamente filo-iraniana – rimangono le forze principali della politica irachena. Con Teheran e Washington che esercitano una grande influenza sul governo dell'Iraq, chiunque guidi il paese ha bisogno del loro sostegno. Se di per sé il compito è già arduo, le attuali relazioni tra Stati Uniti e Iran su un possibile nuovo accordo nucleare destabilizzano ancor di più l'area. Mentre quindi le istituzioni democratiche irachene si presentano sempre più fragili e instabili, la sensazione generale è che il futuro dell'Iraq si giochi in gran parte al di fuori dei suoi confini.


1 Schenker, D., 2022. Biden’s Indifference Has Given Iran the Upper Hand in Iraq. [online] The Washington Institute. Disponibile al: <https://www.washingtoninstitute.org/policy-analysis/bidens-indifference-has-given-iran-upper-hand-iraq> [Accesso 4 settembre 2022].

2 La Corte suprema federale interpretava l'art. 70 della Costituzione irachena. Confronta: Alaaldin, F., 2022. Iraq's federal court kills off majority government project. [online] Rudaw.net. Disponibile al: <https://www.rudaw.net/english/analysis/08022022> [Acceso 4 settembre 2022].

3 Mansour, R. and Robin-D'Cruz, B., 2022. Understanding Iraq’s Muqtada al-Sadr: Inside Baghdad’s Sadr City. [online] Chatham House – International Affairs Think Tank. Disponibile al: <https://www.chathamhouse.org/2022/08/understanding-iraqs-muqtada-al-sadr-inside-baghdads-sadr-city> [Accesso 4 settembre 2022].


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