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Aborto in Italia: perché 90 giorni?

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L'Italia è il solo paese a calcolare in giorni il tempo limite per ricorrere all'interruzione della gravidanza. Tale limite è di 90 giorni; perché?
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Pubblicato: 24/02/22

   Il seguente è l'unico studio reperibile in rete a indagare sull'origine dei 90 giorni quale termine di tempo massimo per praticare e ottenere l'interruzione volontaria della gravidanza, così come previsto dalla legislatura italiana. 

In breve

  • La legge 194/78, che introduce in Italia l'interruzione volontaria della gravidanza, prende ispirazione dalla proposta di legge del Partito Comunista Italiano (PCI) presentata alla Camera dei deputati nel 1975.
  • Sia la proposta di legge del PCI sia la legge 194/78, pongono 90 giorni come limite di tempo massimo per richiedere l'aborto.
  • Tale scelta è stata basata sul presupposto, non del tutto corretto, che al novantesimo giorno di gravidanza possa considerarsi concluso lo sviluppo della placenta.
  • Dal momento in cui la placenta è considerata formata nella sua interezza, la legge italiana intende il feto come organismo autonomo rispetto al corpo che lo ospita. Si tratta del controverso concetto di “autonomia fetale”, il quale non trova basi in campo scientifico.

Il 14 febbraio 1975 il Partito Comunista (PCI) presenta alla Camera dei deputati la proposta di legge n. 3474 che prevede il diritto all'interruzione della gravidanza entro 90 giorni. È l'unica proposta di legge – oltre a quella presentata due mesi successivi dal Partito Liberale (PLI) – a indicare il novantesimo giorno quale tempo limite per effettuare l'aborto.

   Fortemente ispirata alla proposta del PCI, la legge 194/78 avrebbe introdotto in Italia il diritto all'interruzione volontaria della gravidanza per fini terapeutici, ponendo 90 giorni quale limite massimo per poterla richiedere ed effettuare. Tuttavia, la stessa 194/78 non specifica per quale motivo l'aborto non possa essere praticato oltre i 90 giorni. 

   Per conoscere i reali motivi per cui nel 1978 ci si indirizzò sulla scelta del novantesimo giorno come limite massimo per poter abortire, bisogna necessariamente consultare i documenti presentati alla Camera nel corso degli anni '70, e in particolare il testo Relazione della maggioranza, esposto in data 8 gennaio 1976 dai deputati Bozzi (PLI), D'Aniello (PRI), Del Pennino (PRI).

   In un momento in cui la proposta di legge del PCI aveva trovato ampio consenso all'interno del Parlamento e il limite dei 90 giorni era stato accettato da più parti, la Relazione della maggioranza dichiara:

   Che cosa non permette di ritenere persona l'embrione o il feto nelle prime settimane della gestazione? La mancanza di coscienza, risponde Jean Rostand; la mancanza di attività del sistema nervoso, dice Monod. La seconda risposta in realtà equivale alla prima in quanto non può esservi coscienza senza l'attività del sistema nervoso.
   […]
   Riprendo il concetto della autonomia nel suo vero significato, se una data di scadenza si vuole semmai fissare è quella dei novanta giorni dal concepimento. Dopo questo termine infatti può dirsi completato quell'organo piatto e spugnoso che è la placenta, ed è solo da questo momento che può considerarsi realmente autonoma la vita del prodotto del concepimento.
Relazione della maggioranza
pag. 7
8 gennaio 1976

   Nel testo della Relazione viene proposto lo standard dell'autonomia fetale in relazione allo sviluppo della placenta, ovvero viene dichiarato 1) che la gravidanza non può essere interrotta quando il feto abbia raggiunto la propria autonomia dal corpo della madre, e 2) che questa autonomia si presenti nel momento in cui la placenta può considerarsi completamente formata. L'argomentazione che l'autonomia del feto vada incrementandosi di pari passo allo sviluppo della placenta, non trova tuttavia alcuna validità in campo scientifico, oggi come all'epoca. 

   Il sospetto è che la scelta di far ricadere l'interruzione della gravidanza entro un limite di 90 giorni possa essere stata influenzata, più che da reali nozioni scientifiche, dal bagaglio culturale filosofico e religioso europeo. Sono infatti numerosi i dibattiti sull'aborto tenutisi alla Camera negli anni '70 in cui i parlamentari hanno dimostrato di conoscere la teoria aristotelica secondo cui un feto possa considerarsi “animato” ai 90 giorni di gestazione. Comunque, più di tutto risulta curiosa la scelta dei giorni quale scala di misura, una stranezza che 1) non la si ritrova nelle legislature straniere contemporanee alla legge 194/78, che hanno invece scandito il tempo in settimane; 2) la si ritrova unicamente nella filosofia aristotelica e, di rimando, negli scritti dei pensatori che hanno animato la storia della Chiesa cattolica.



Fonti:

A. Fabbri Seroni e altri, Proposta di legge n. 3474, 14 febbraio 1975
https://legislature.camera.it/_dati/leg06/lavori/stampati/pdf/34740001.pdf

A. Bozzi, E. D'Aniello, A. Del Pennino, Relazione della maggioranza, 8 gennaio 1976
https://legislature.camera.it/_dati/leg06/lavori/stampati/pdf/16550002.pdf


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