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Riconoscimento degli Stati e diritto internazionale

di | leTrattative - Blog
L'atto di riconoscimento degli Stati nel diritto internazionale. Tra teorie e prassi, diritto e realpolitik
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Pubblicato: 30/06/23

Nelle relazioni internazionali, il riconoscimento di uno Stato neocostituito è il punto in cui diritto e politica si intrecciano, con la dimensione politica che, all'atto pratico, tende a prevalere su quella legale.

In tal senso, il secondo dopoguerra si apriva con il rappresentante statunitense al Consiglio di Sicurezza che, durante una discussione del 1948 sull'allora Governo provvisorio di Israele affermò che sarebbe stato “del tutto inopportuno sostenere che un qualsiasi paese al mondo possa mettere in discussione la sovranità degli Stati Uniti d'America nell'esercizio dell'importante atto politico [political act] del riconoscimento dello status de facto di uno Stato”1.

Le teorie nel diritto internazionale

Nel diritto internazionale sono due le teorie inerenti il riconoscimento degli Stati:

  • La teoria costitutiva, la quale sostiene che a conferire personalità giuridica e a creare un nuovo Stato sia il riconoscimento da parte di altri Stati. Pertanto, nuovi Stati vengono istituiti nella comunità internazionale come soggetti a pieno titolo del diritto internazionale in virtù del consenso degli Stati preesistenti. Questo approccio crea una serie di problematiche: uno ”Stato” non riconosciuto potrebbe non essere soggetto agli obblighi imposti dal diritto internazionale; inoltre, qualora uno “Stato” venisse riconosciuto solo da un gruppo limitato di Stati, si dovrebbe parlare di “personalità parziale”?

  • La teoria dichiarativa, secondo cui la capacità di uno “Stato” di agire nel diritto internazionale non dipende dal consenso degli altri Stati, ma deriva dalla sua situazione di fatto e dalle azioni che dimostrano il suo controllo effettivo sul territorio e sulla popolazione. La teoria enfatizza l'autonomia dello “Stato” nel costituirsi legalmente, sostenendo che il riconoscimento formale da parte di altri Stati non sia un prerequisito necessario.

La prassi internazionale si posiziona tra queste due teorie, comunque tendendo all'approccio dichiarativo, dacché – generalmente – il rifiuto di riconoscimento non si palesa come un'azione volta a negare i diritti o gli obblighi internazionali degli Stati non riconosciuti, ma piuttosto sembra basarsi su motivazioni politiche che influenzano la decisione di riconoscimento. Taiwan rappresenta un caso di riferimento poiché, nonostante il disconoscimento internazionale, ha visto diversi Stati adottare leggi apposite per agevolare relazioni con il paese o con le aziende locali che operano in conformità alle leggi taiwanesi2. Proprio in questo senso gli Stati Uniti hanno promulgato nel 1979 il Taiwan Relations Act, volto al "mantenimento di relazioni non ufficiali con il popolo di Taiwan", come da Ordine esecutivo 12143 del 22 giugno 19793.

Come si riconoscono gli Stati?

Il riconoscimento comprende diverse modalità e può assumere diverse forme, che sfumano dal riconoscimento de facto a quello de jure. Nel processo di riconoscimento, non è sufficiente che uno Stato sia solo consapevole dell'esistenza di fatto di un'altra entità. Invece è necessario che lo Stato riconoscitore abbia l'intenzione e la volontà che le conseguenze giuridiche e politiche del riconoscimento abbiano effetto. Ciò comporta l'applicazione delle norme internazionali, come – ad esempio – le regole sull'immunità diplomatica nei confronti degli inviati dell'entità da riconoscere.

Il 16 dicembre 1991 la Comunità europea (CE) adottava la Dichiarazione sulla Jugoslavia e le Linee guida sul riconoscimento dei nuovi Stati dell'Europa orientale e dell'Unione sovietica, in cui gli Stati membri CE concordavano di riconoscere quelle repubbliche jugoslave che soddisfacevano determinate condizioni, tra cui il rispetto delle disposizioni della Carta delle Nazioni Unite, degli impegni sottoscritti nell'Atto finale di Helsinki (o Dichiarazione di Helsinki, 1975) e nella Carta di Parigi (1990), con particolare riguardo allo Stato di diritto, alla democrazia e ai diritti umani.

Inoltre il riconoscimento si palesa come un processo discrezionale, cioè dipendente dalla volontà e dalla decisione degli Stati. Di conseguenza, può richiedersi un intervallo di tempo tra gli eventi che portano all'emergere di uno Stato (o di un nuovo governo) e il momento effettivo del riconoscimento da parte degli altri Stati. Tuttavia, una volta accordato, il riconoscimento tende ad avere un effetto retroattivo, in quanto lo stato di fatto o di diritto dell'entità riconosciuta viene generalmente accettato dalla data in cui tale status è stato raggiunto, non dalla data specifica del riconoscimento stesso4.

Nel luglio 1992 la Commissione arbitrale della conferenza sulla Jugoslavia affermava che il riconoscimento di uno Stato da parte degli altri Stati non è un requisito indispensabile per la sua costituzione, ma rappresenta piuttosto un atto discrezionale [discretionary act] che gli altri Stati possono compiere o meno e secondo le modalità che preferiscono. Rimane comunque indispensabile che gli stessi si attengano agli imperativi del diritto internazionale generale (divieto di utilizzare la forza nelle relazioni con altri Stati, tutela dei diritti delle minoranze, etc)5.


1 Il rappresentante per gli Stati Uniti era Warren R. Austin. V. Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, 294th and 295th meetings; 8 maggio 1948.

2 James Crawford, The Creation of States in International Law (Oxford University Press 2006) 201.

3 Il riferimento è di J. Crawford, v. nota 2. L'Ordine esecutivo 12143 è consultabile al seguente link: https://www.archives.gov/federal-register/codification/executive-order/12143.html [accesso 30/06/2023]

4 In tal senso il riconoscimento si palesa semplicemente come conferma di una situazione di fatto. Cfr. Cedric Ryngaert e Sven Sobrie, ‘Recognition of States: International Law or Realpolitik? The Practice of Recognition in the Wake of Kosovo, South Ossetia, and Abkhazia’ (2011) 24 Leiden Journal of International Law 467. Si veda sul punto anche John Mervyn Jones, ‘The Retroactive Effect of the Recognition of States and Governments’ (1935) 16 British Year Book of International Law 42.

5 Si tratta del Parere n. 10, Commissione arbitrale della conferenza sulla Jugoslavia, 4 luglio 1992, 92 ILR. 206.

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