In un panorama dove si intrecciano mondo finanziario, mafioso e politico, le indagini espongono l'avvocato a numerose pressioni e minacce. Il 28 dicembre 1978, Giorgio Ambrosoli riceve la prima telefonata minatoria effettuata – si scoprirà in seguito – da Giacomo Vitale. Giacomo Vitale (altre volte riportato come Giacomino) è nato il 1941, è impiegato assenteista presso l'Ente minerario siciliano, oltre che cognato del boss Giovanni Bontate e affiliato alla loggia massonica CAMEA.
Vitale effettuerà diverse telefonate con l'intento di dissuadere Ambrosoli dal continuare le sue indagini. Particolarmente inquietante è la telefonata del 9 gennaio 1979, quando Vitale fa il nome di Giulio Andreotti, in quel momento alla guida del suo IV Governo:
VITALE: Ma il grande, il grande mi ha capito chi è, no?Le telefonate minatorie effettuate da Giacomo Vitale sono consultabili al seguente link dove è presente un file di testo redatto da leTrattative.it: Giacomo Vitale sarà arrestato nel 1985, dopo diversi anni di latitanza. La sua voce registrata venne riconosciuta dal collaboratore di giustizia Angelo Siino, il quale ascoltando gli audio delle telefonate esclamò: “È la voce di Giacomo Vitale, sicurissimo!”
AMBROSOLI: Il grande immagino sia SINDONA.
VITALE: Eh no, il signor ANDREOTTI.
AMBROSOLI: Chi? ANDREOTTI?
VITALE: Sì.
AMBROSOLI: Ah!
VITALE: Ha telefonato e ha detto che aveva sistemato tutto ma che la causa è sua.
AMBROSOLI: Ah sono io contro ANDREOTTI?
VITALE: Esatto.
L'audio delle telefonate minatorie di Giacomo Vitale a Giorgio Ambrosoli sono ascoltabili al seguente video sul canale de leTrattative.it:
A causa delle sue indagini, Giorgio Ambrosoli viene assassinato in data 11 luglio 1979 a Milano. L'omicida è il sicario italo-americano William Joseph Aricò, giunto appositamente in Italia dagli Stati Uniti. Come si scoprirà in seguito, l'uomo è stato ingaggiato da Michele Sindona, il quale lo ha ricompensato con 25mila dollari in contanti e 90mila dollari versati su un conto svizzero.
Aricò morirà nel 1984 mentre è detenuto presso il carcere di New York, durante un tentativo di fuga. Sorte simile toccherà a Michele Sindona, deceduto in prigione dopo aver ingerito un caffè a cui è stata aggiunta una dose di cianuro. Dacché è improbabile ingerire involontariamente del cianuro a causa del forte odore e sapore tipico di questo veleno, è realistico ritenere che Sindona si sia auto-avvelenato.
Archivio
L'omicidio dell'avvocato Giorgio Ambrosoli per mano del banchiere Sindona
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