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Libia, la situazione migranti e quella schiavitù finanziata dall'UE

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Decine di milioni di euro vengono ogni anno stanziati dall'UE per finanziare oscure attività libiche finalizzate al contenimento dei flussi migratori dalla Libia verso l'Europa
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Pubblicato: 03/11/19

cartina libia tripoli

Nel 2008 il ministro dell’Interno Roberto Maroni sottoscriveva con il governo di Muammar Gheddafi  il trattato di amicizia tra Italia e Libia, nel quale si prevedeva tra le altre cose "l'intensificazione della collaborazione nella lotta [...] all'immigrazione clandestina".

   Italia e Libia si proponevano "la realizzazione di un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche, da affidare a società italiane" e l'Italia si impegnava "a sostenere il 50 per cento dei costi di realizzazione di tale sistema". Il restante 50% dei costi, doveva essere invece coperto da finanziamenti europei.

   Nel febbraio del 2017 il ministro dell'Interno Marco Minniti del governo Gentiloni, estende il trattato del 2008. Il nuovo accordo tra Italia e Libia punta a incrementare il contenimento dei flussi migratori. Nel memorandum, l'Italia offre "sostegno e finanziamento a [...] la formazione del personale [libico nda]", oltre a fornire "supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della lotta contro l'immigrazione clandestina".

   Da canto suo, la Libia si impegnava a bloccare il flusso di migranti che avanzano dall’Africa subsahariana, sbarrando il confine a sud. In mare, avrebbe invece intercettato i barconi dirottandoli verso le coste libiche da cui erano partiti.

   In sostanza, quello che faceva l'Italia era incaricare in tutto e per tutto il governo di Tripoli di occuparsi dei migranti: "Noi vi diamo i soldi, voi fate il resto"; e alla domanda "Ci sapete fare con i diritti umani?", ci rispondevamo da soli "Tanto a noi non interessa". Infatti il sodalizio è stato fin da subito aspramente criticato dalle ONG, oltre che da stampa, giuristi e avvocati preoccupati delle ripercussioni sul piano umanitario, tanto che a poco più di un mese dalla sua stipulazione (ci troviamo al 22 marzo), il memurandum viene sospeso per un breve periodo da un tribunale di Tripoli.

   L’Italia e la Libia sono entrambi paesi di transito, ma l’Italia è stabile ed è in grado di proteggere i migranti. Non si può dire lo stesso per la Libia. Allora perché le responsabilità sono affidate a chi non è in grado di farlo?
Azza Maghur, intervistata da Internazionale

   Nel 2017 l'Italia ha stanziato circa 43,5 milioni di euro, che nel 2018 sono diventati 51 milioni, e nel 2019 più di 56 milioni. Cifre non ufficiali e ricavate dalla Oxfam, poiché i governi italiani non le hanno mai messe nero su bianco. A questi soldi, vanno poi ad aggiungersi i fondi giunti dall’Unione Europea fin dal 2014, cioè 134,7 milioni di euro per migliorare le condizioni dei migranti, 92 milioni per la gestione dei flussi migratori misti, e 91,3 milioni per finanziare la Guardia costiera e la gestione delle frontiere.

   La formazione del personale locale che l'Italia e l'UE pagano, così come la costruzione e il mantenimento dei centri di detenzione e la fornitura di mezzi terrestri e navali alla Guardia costiera libica, si sono trasformati in finanziamenti che potrebbero alimentare in via diretta attività criminose.

   Nel novembre 2017 la CNN ha mandato in onda un servizio su migranti venduti come schiavi in Libia, presentando anche le registrazioni video di vere e proprio aste. L'inchiesta ha fatto scalpore a livello internazionale, tanto che il 14 novembre Zeid Raad al Hussein, Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha definito “disumana” la collaborazione tra l’Unione europea e la guardia costiera libica.

   Due settimane dopo, il 28 novembre, su richiesta del presidente francese Emmanuel Macron veniva svolta una riunione d'urgenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Mentre Macron definiva “crimini conto l’umanità” le violenze subite dai migranti, il governo di Tripoli apriva una inchiesta sull'accaduto. Si trattava ovviamente di una operazione di facciata, da sbandierare qualora fossero state avanzate sanzioni del Consiglio di sicurezza. Sanzioni che comunque sarebbero arrivate solo nel giugno del 2018.

   Tra il 2017 e il 2018, in materia di migranti e rifugiati, vengono registrate sistematiche violazioni dei diritti umani. Nel rapporto 2017-2018, Amnesty International riferisce di abusi da parte delle guardie dei centri di detenzio­ne ufficiali, della Guardia costiera libica, dei trafficanti di esseri umani e dei gruppi armati.  Ancora, Amnesty sostiene che mentre il Dipartimento per la lotta alla migrazione irregolare della Libia controlli formalmente un massimo di 36 centri  di detenzione, bande armate e gruppi criminali si spartiscono migliaia di strutture illegali.

   Il 4 ottobre 2019, Avvenire pubblicava delle foto risalenti a un incontro avvenuto nel 2017 (11 maggio) tra funzionari italiani e autorità libiche. Tra le persone presenti alla riunione, nelle foto è riconoscibile il volto di Abdulrahman Salem Milad, nome di battaglia Bija, accusato dall'Onu di essere trafficante di esseri umani e contrabbandiere. Comandante della cosiddetta Guardia costiera libica, si presume sia vertice di una cupola mafiosa che opera nell’area di Zawiya, nell'ovest della Libia.

   Benché le attività criminose fossero note da tempo, solo il 26 ottobre 2019 il ministro dell'Interno di Tripoli ha emesso un mandato di cattura nei confronti dell'uomo. La notizia è stata ripresa da quotidiani italiani e internazionali, tuttavia appare come un tentativo del governo di Tripoli di calmare le acque e allentare le polemiche. Infatti da Tripoli era già stato emesso un mandato di cattura nei confronti del trafficante nell'aprile 2019, ma è pacifico che Bija potesse muoversi nella più totale libertà, avendo pure il tempo di concedere un'intervista a Propaganda Live, poi pubblicata anche da l'Espresso (25/10/2019).

   A spiegare il misfatto è lo stesso Ministero dell'Interno libico, che nella medesima nota in cui fa sapere che Bija è ricercato, lascia intendere che poco o a niente serve quel mandato di cattura in quanto Bija "non appartiene al ministero dell'Interno, né ai suoi apparati. Fa parte della guardia costiera che appartiene alle forze navali". Comunque sia, il 29 ottobre Agenzia Nova riporta che la Guardia costiera libica "non ha ricevuto alcun mandato di cattura per Bija".

mandato di cattura contro Bija
Mandato di cattura nei confronti di Bija

   A legittimare i sospetti che milioni di euro possano finire con il finanziare torture e detenzioni illegali, il 30 ottobre 2019 Euronews denunciava che non viene fatto alcun controllo su come vengono utilizzati i soldi italiani ed europei spediti in Libia. Per i ben oltre 468,5 milioni di euro stanziati dal 2014, nessuna monitoraggio è stato mai fatto dall'Europa né dall'Italia.

    Il 1° novembre l’Italia ha chiesto alla Libia di riunire la commissione congiunta dei due Paesi e di modificare il memorandum del 2017. Si tratterebbe solo di apportare alcune "migliorie", come già annunciato da Luigi Di Maio alla Camera dei deputati il 30 ottobre. Nonostante le contestazioni mosse dalla stampa e dalle ONG, il 2 novembre 2019 il governo M5S-PD del premier Conte ha riconfermato gli accordi con la Libia: agli oltre 150 milioni di euro concessi dall'Italia alla Libia dal 2017, si sono aggiunti altri 50 milioni.

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Fonti non citate:

https://news.un.org/en/story/2017/11/636022-libyas-detention-migrants-outrage-humanity-says-un-human-rights-chief-zeid#.WhWx7LSdWUk

https://www.repubblica.it/esteri/2017/02/02/news/migranti_accordo_italia-libia_ecco_cosa_contiene_in_memorandum-157464439/

https://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2017/11/29/italia-libia-migranti-accordo

https://www.avvenire.it/attualita/pagine/migranti-trafficante-libico-pagato-da-europa

http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2019/11/02/libiaroma-chiede-commissione-congiunta_33ffa183-4e9d-4fc1-acbb-970e3477f411.html

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