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Ruanda 1994 - Desideriamo informarla che domani verremo uccisi con le nostre famiglie

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Desideriamo informarla che domani verremo uccisi con le nostre famiglie, pubblicato nel 1998, rimane ancora oggi una lettura essenziale per comprendere il genocidio avvenuto in Ruanda nel 1994.

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Pubblicato: 30/10/19


È il 1995 quando il giornalista statunitense Philip Gourevitch visita la chiesa di Nyamata nel Ruanda orientale. Soltanto 13 mesi prima in quel luogo — nell'operazione di pulizia etnica messa in moto da estremisti hutu contro la minoranza tutsi — erano stati trucidati uomini, donne e bambini.
Non mi ero mai trovato in mezzo ai cadaveri. Cosa dovevo fare? Guardarli? Certo, volevo vederli; se ero arrivato fin lì, era proprio per vederli - a Nyarubuye i morti erano stati lasciati insepolti a scopo commemorativo. E ora eccoli, esposti allo sguardo nella loro intimità. Non che avessi davvero bisogno di vederli; sapevo già quello che era accaduto in Ruanda, e ci credevo. Ma anche ora che osservavo gli edifici e i cadaveri [...], tutto restava stranamente inimmaginabile. Era ancora necessario uno sforzo di immaginazione.
   I corpi martoriati sono ancora lì, a testimoniare una delle mattanze tra le più tragiche della fine XX secolo. Gourevitch cammina tra i cadaveri in decomposizione e li ammira, li odora, li descrive, e quando il lettore è finalmente pronto a bollare quella carneficina come frutto di un delirio di massa, è lo stesso Gourevitch a dissuaderlo dal farlo:
Considerando la mostruosità dell'accaduto, si è tentati di spiegare i massacri come una follia collettiva, un delirio di gruppo, un'epidemia d'odio sfociata in una bramosia criminale di massa, e di immaginare una cieca folla orgiastica, in cui ciascuno uccideva una o due persone. Ma, nel 1994, a Nyarubuye, e in migliaia di altre località di quel minuscolo paese, in alcune giornate nel giro di pochi mesi, centinaia di migliaia di hutu lavorarono come assassini rispettando turni regolari. C'era sempre ancora una vittima, e poi un'altra. Che cosa li sostenne dopo l'euforia del primo attacco, nella spossatezza fisica e nella desolazione quotidiana?
   Ed è partendo da questa domanda che il giornalista affronta il genocidio del 1994 in tutto il suo aspetto, descrivendone cause e conseguenze, spingendosi fino all'epoca coloniale, al dominio sull'area della Germania prima e del Belgio poi, spiegando quale peso abbiano avuto le teorie razziali importate dai colonizzatori europei e la ipotesi camitica avanzata da John Hanning Speke nello scontro tra hutu e tutsi, in un arco di tempo che va dal 1863 fino all'ultimo decennio del '900.

   Un percorso che costringerà il lettore a confrontarsi con personaggi del calibro del Dottor Gerard Ntakirutimana, e di suo padre, il pastore avventista Elizaphan Ntakirutimana, all'epoca della stesura del libro sospettati di aver segregato e ucciso pazienti tutsi presso la chiesa e il complesso ospedaliero di Mugonero. Gourevitch entra nelle case di questi uomini, parla con loro, studia i loro atteggiamenti e, in un periodo precedente alla condanna del 2003 da parte del Tribunale penale internazionale per il Ruanda — li affronta armato unicamente delle testimonianze raccolte dai sopravvissuti ruandesi:
Sbirciando fuori, i rifugiati nell'ospedale notarono che il Dr Gerard e suo padre, il pastore Ntakirutimana, giravano in macchina con miliziani e membri della Guardia Presidenziale. E iniziarono a domandarsi se quegli uomini avessero dimenticato il loro Dio.
   Gourevitch ha la capacità di penetrare subito un individuo, un evento, un luogo, di saggiarne le caratteristiche e di portarlo al lettore intatto e carico di significati. Soprattutto in questo senso, Desideriamo informarla che domani verremo uccisi con le nostre famiglie è un libro accurato e doloroso.

   D'altronde è dallo stesso titolo che il lettore comprende come il giornalista statunitense punti a inquinare i fatti il meno possibile: Gourevitch si rende trasparente, quasi invisibile, e lascia che a parlare siano i sopravvissuti e i morti del genocidio del 1994. Il titolo dell'opera è infatti estrapolato da una lettera che i segregati di Mugonero indirizzarono ai loro carnefici:
15 aprile 1994
Al nostro caro leader, pastore Elizaphan Ntakirutimana,
come sta? Le auguriamo di mantenersi forte in questi difficili momenti. Desideriamo informarla che abbiamo saputo che domani verremo uccisi con le nostre famiglie. Le chiediamo quindi di intervenire in nostra difesa e di parlare con il sindaco. Crediamo che, con l'aiuto di Dio che le ha affidato la guida di questa congregazione ora in procinto di essere annientata, il suo intervento sarà estremamente gradito, come lo fu quello di Ester per la salvezza degli ebrei.
I nostri ossequi,
Ezekiel Semugeshi, Isaka Rucondo, Seth Rwanyabuto, Eliezer Seromba, Seth Sebihe, Jerome Gakwaya, Ezekias Zigirinshuti.
   Desideriamo informarla che domani verremo uccisi con le nostre famiglie non si limita ad essere un libro sul genocidio, ma lettura essenziale per avvicinarsi quanto più possibile all'ultimo difficile secolo del Ruanda e forse, come scrive l'autore, ad alleviare il nostro senso di disagio:
Forse nell'esaminare con me quei fatti così estremi sperate di giungere a una qualche chiarificazione, a una presa di coscienza [...] a una qualche informazione. Non escludo che questo possa avvenire, ma quando si parla di genocidio la distinzione tra il bene e il male è già chiara.
La ragione principale per cui ho deciso di dare un'occhiata più da vicino alle storie del Ruanda è che ignorarle aumentava il mio disagio sull'esistenza e sul mio posto nel mondo. 
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Lettura: "Desideriamo informarla che domani verremo uccisi con le nostre famiglie" di Philip Gourevitch, Enaudi, 2000, Traduzione di Norman Gobetti.

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