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Il processo Andreotti 1/5 - Una introduzione

di | leTrattative - Blog

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Pubblicato: 02/11/18


Giulio Andreotti


È il 12 marzo 1992. Sono le 9.20. È Mondello, uno dei quartieri più belli di Palermo, e c'è il sole. Un uomo in giacca e cravatta sta uscendo di casa, entra nell'auto che è lì ad attenderlo da qualche minuto. L'uomo deve recarsi presso l'hotel Palace per organizzare il convegno dove a parlare ci sarà Giulio Andreotti. È per lui una mattinata come tante. Si è svegliato, si è fatto la barba, si è vestito bene — come ha sempre fatto — ed è uscito di casa. Poi il caos. Una moto di grossa cilindrata si avvicina lungo la strada. A bordo ci sono due uomini, i volti coperti dai caschi integrali. In pochi secondi affiancano l'auto, uno dei due estrae una pistola e spara alcuni colpi contro il veicolo. L'uomo in giacca e cravatta è incolume, in preda al terrore. Scende dall'auto e guarda la moto che sembra allontanarsi. "Tornano, Madonna santa, tornano". Poi 3 colpi. 1 alla nuca.

   Assolto, assolto, assolto. La voce che echeggia in una sala di tribunale il 2 maggio 2003 è quella di Giulia Bongiorno, euforica, che grida al telefono. All'altro capo della chiamata, Giulio Andreotti, il divo, l'uomo che per 40 anni è stato al centro della politica italiana. Era accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e in quel giorno del 2003 veniva assolto.

   3 giorni dalla sentenza di assoluzione in TV c'è Bruno Vespa. È la puntata di Porta a Porta del 5 maggio 2003, e seduto sulla poltrona bianca, in studio, c'è nientedimeno che Giulio Andreotti, in pratica un ospite fisso. Sullo schermo alle sue spalle, la grande scritta "Andreotti innocente". Ma se Andreotti è assolto, se è vero che è innocente, allora perché a un certo punto Vespa gli chiede se ha intenzione di fare ricorso in Cassazione? Andreotti comunque risponde di no, che per lui, dopo 11 anni di processo, "la questione è chiusa".

   11 anni prima, a marzo 1992, il cadavere steso su viale delle Palme è quello dell'europarlamentare Salvatore Lima, detto Salvo, esponente della corrente andreottiana della DC. Riverito e temuto, a Palermo controllava quasi 300mila voti. È stato raggiunto da 3 colpi di pistola in un agguato effettuato davanti la villa in cui abitava. L'omicidio è un omocidio politico, si dice. In Italia ce ne sono stati tanti dopotutto. Però tra l'opinione pubblica corre un'altra voce, e qualche giornalista la dice pure, qual è quella voce: a uccidere Lima non sono stati avversari politici occulti. A uccidere l'eurodeputato, il pezzo grosso della DC in Sicilia, è stata la mafia.

   Ma cosa c'entrava Giulio Andreotti, 7 volte presidente del Consiglio, con l'omicidio di Salvo Lima del 1992? E poi perché a uccidere Lima dovrebbe essere stata Cosa nostra? Forse l'eurodeputato DC frequentava certi ambienti malavitosi? Andreotti per tutta la vita ha sempre sostenuto di no, e riguardo all'assassinio propagandava le sue teorie: se erano state correnti politiche occulte a uccidere Lima, brigatisti rossi o nuove forme di terrorismo, lo avevano ucciso per colpire la DC, indebolirla e sovvertire lo Stato. Se invece era vero che era stata la mafia, era per colpire Andreotti, perché proprio Andreotti, come sosteneva lui stesso, aveva iniziato una battaglia contro Cosa nostra.

   Prima di vedere come andarono veramente le cose, bisogna precisare che la sera del 5 maggio 2003, in una puntata di Porta a Porta, difronte a milioni di italiani Andreotti mentì. Il ricorso in Cassazione lo fece. Perché? Perché non era vero che la sentenza lo dichiarava innocente, non completamente almeno. Perché lo aveva assolto sì, ma solo dai fatti successivi all'anno 1980. Per la Repubblica italiana, fino al 1980, Andreotti "ebbe rapporti organici con la mafia".

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